e la PA sceglie l’Open Source: dovrei essere felice ?

Un ulteriore passo per il riconoscimento dell'affidabilità, qualità ed economicità del software libero ed Open Source viene dal "Decreto Sviluppo" recentemente approvato.


Questo il testo a cui faccio riferimento:
Decreto Sviluppo 2012 - Misure urgenti per l’agenda digitale e la trasparenza nella pubblica amministrazione.

10. Il comma 1 dell'articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e' sostituito dal seguente:
«1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:
a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione;
c) software libero o a codice sorgente aperto;
d) software combinazione delle precedenti soluzioni.
Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l'impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all'interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso. La valutazione di cui al presente comma e' effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall'Agenzia per l'Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto».

Da almeno un decennio passo parte della mia attività professionale a promuovere e diffondere il software open qua e là per il mondo come buon esempio di "low cost innovation" e dovrei essere quindi felice di questa novità.

I benefici economici e qualitativi dell'utilizzo di software e standard aperti nella nostra PA sono sicuramente importanti anche sulla strada dell'ammodernamento della Amministrazione.

Dovrei essere felice dunque... ma ci sono almeno due aspetti del decreto che mi rendono perplesso.

Se quanto scritto non si limiterà ad una pura (ed ennesima) dichiarazione di intenti, la prima conseguenza positiva teoricamente potrebbe esser l'abbandono di tutto il software di base proprietario utilizzato nella Pubblica Amministrazione.
Banalmente, ogni nuovo personal computer non dovrebbe essere dotato più di Microsoft Windows come attualmente succede per...default.., ma dovrà essere fornito obbligatoriamente alla PA con una distribuzione Linux (ad esempio).
Ancora meglio: Microsoft Office dovrebbe essere sostituito altrettanto obbligatoriamente da un equivalente suite open (es. openoffice?).

Ecco: un mondo aperto! Dovrei proprio essere felice!

Purtroppo però ho ben in mente l'impiegato medio che lavora nel piccolo Comune che, molto spesso da autodidatta si è preoccupato di imparare nel corso degli anni ad utilizzare i prodotti Microsoft e conosce (e riconosce) le icone, la loro posizione ed il loro significato.
Non conosce altro e non è interessato alle potenzialità degli standard aperti.
Imporre a questo tipo di operatore, magari alle soglie della pensione, di passare ancora una volta da solo e da autodidatta ad un nuovo sistema operativo o ad un nuovo software anche per scrivere documenti senza un'adeguata formazione ed informazione preliminare, significa solo bloccarne l'attività e l'autonomia di lavoro.

Sbandierare l'uso del software aperto come soluzione a (quasi) tutti i mali della PA è riduttivo e dimostra una scarsissima conoscenza della realtà degli Enti Locali.

Passato il momento dei proclami, mi auguro arrivi il momento delle azioni.Concrete.

Mi auguro quindi che le singole Amministrazioni non siano lasciate sole ad affrontare questo cambiamento: il rischio è di acuire il "divario digitale" tra le piccole amministrazioni periferiche e quelle più centrali e fortunate.
Il digital divide non si misura solo dalla presenza o meno di Internet Veloce: ma anche e soprattutto dalla scarsa diffusione di adeguate conoscenze tecniche.

Le Amministrazioni intermedie, Regioni, Province, Unioni di Comuni, dovrebbero farsi carico del problema e avere un ruolo guida e strategico nel passaggio al software aperto di tutti gli Enti per non lasciare indietro nessuno.

Il risparmio economico della PA con la dismissione del software di base proprietario è tale e tanto da consentire sicuramente l'istituzione di meccanismi moderni (ed ancora una volta low cost!) per l'aggiornamento anche del personale.

Io da parte mia, continuo a pensare che l'adozione del software aperto debba partire dalle scuole e dalle università rivedendo le dotazioni degli attuali laboratori obsoleti, che si debba incentivare presso le famiglie l'acquisto di PC dotati di software di base aperto facendo nascere le nuove generazioni direttamente in un mondo aperto.

Quindi...viva il software libero e l'open source ma per cortesia ricordiamoci di affrontare i problemi e risolverli non con slogan e proclami ad effetto ma con una seria pianificazione sul territorio per innovare la cultura informatica della nostra Pubblica Amministrazione e di tutti noi cittadini.

Ah, dimenticavo...c'è un altro aspetto ancora più insidioso che non mi convince nel Decreto Sviluppo:
chi verifica cosa è stato (e sarà) venduto per "Open Source" alla nostra Pubblica Amministrazione?
Basta consegnare al committente un po' di codice sorgente di un software per renderlo "aperto" e quindi migliore ?

dovrei essere felice ?
Ne riparliamo...

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